mercoledì 18 febbraio 2009

Lampedusa, Immigrati tunisini danno alle fiamme il CIE


Dopo che nei giorni scorsi un centinaio di tunisini erano stati coattamente rimpatriati nella loro terra d'origine i restanti hanno deciso di ricorrere al tutto per tutto per evitare la medesima sorte. Questi signori del magreb erano approdati a lampedusa con precise istruzioni e rassicurazioni, gli era stato garantito che una volta sbarcati entro poco sarebbero stati trasferiti sulla terraferma in strutture apposite con sorveglianza minima e da cui la fuga era garantita.
Il solito copione insomma: sbarchi a Lampedusa, ti prendono, ti portano sul "Continente" e da li la fuga è un gioco da ragazzi. Un meccanismo rodato (anzi usurato) nel tempo, che garantiva ai clandestini un facile ingresso nel Paese senza troppi sforzi.
Solo che qualcosa nei giorni scorsi è successo: il Ministro Maroni, uomo probabilmente più di fatti che di parole, una volta compreso l'andazzo ha ritenuto sbagliato il trasferimento, proprio perchè incoraggiava una percentuale spropositata di fughe ed ecco quindi la decisione di mantenere gli "ospiti" sull'isola siciliana per provvedere al rimpatrio diretto, senza passare dalla terraferma. Un bel guaio per chi si era pianificato tutto così bene e un'ingiustizia insopportabile per quegli sfortunati che non hanno potuto usufruire al meglio delle rinnomate inefficienze del nostro sistema di gestione dei flussi; dunque cosa fare?
La soluzione è arrivata oggi, quasi un colpo di genio: se distruggiamo il CIE, saranno per forza di cose obbligati a portarci altrove. Presto detto ma soprattutto presto fatto.
Un bel numero di materassi, cuscini, arredi e quant'altro posizionati in diversi punti strategici per essere sicuri di bruciare al meglio la gran parte della struttura, qualcosa di infiammabile di ancora non bene idenfiticato e il gioco è fatto.
Poi scontri, fughe, cancelli sfondati, poliziotti malmenati e feriti e tutto quello che ne consegue ed ecco trovata la soluzione all'annoso problema di come farsi trasferire sulla terraferma.
Che dire? Tanto di capello all'ingenio di questi immigrati che quanto a furbizia nel "gabbare" lo Stato non sembrano proprio aver nulla da invidiare ad alcuni dei più speciosi e vergognosi artifizi che ci rendono tristemente noti nel resto del globo.
Si resta ora in attesa delle decisioni del Ministero degli Interni sul da farsi, soprattutto per capire dove queste persone saranno (se lo saranno) trasferite; magari l'Asinara, vista la presenza di strutture nettamente consone, non sarebbe una cattiva idea.

lunedì 2 febbraio 2009

Maroni strikes back

Se ne frega e se ne frega altamente delle polemiche della giornata odierna sulla presunta "emergenza razzismo" a seguito dell'increscioso espidoio del senzatetto dato alle fiamme dal "branco" (ci sta bene la parola perchè ti ricorda proprio gli animali).
Se ne frega dei media che da troppo tempo dettano l'agenda delle emegenze ad uso e consumo dei loro "scoop".
Se ne frega dell'opposizione sinistrina che gli da del razzista e se ne frega del suo predecessore Giuseppe Pisanu che in mattinata aveva mollato un fedente alle politiche del ministero degli Interni, non senza voler far intendere quando bravo fosse lui da ministro (meno male che ce l'ha detto perchè nessuno se n'era accorto in tre anni)

Tornando a Maroni lui se ne frega e rincara la dose: "Con i clandestini non bisogna essere buonisti ma determinati. Questi vengono perchè è facile arrivare e nessuno li caccia. Ma proprio per questo abbiamo deciso di cambiare musica".

In coscienza, ma chi con un minimo di onestà intellettuale può negarlo?
Chi avrebbe la facciatosta di dire che non è vero quando sono 15 anni che chiunque entra in qualunque modo non è soggetto a nessun tipo di controllo?
Quale faccia di bronzo è così priva di pudore da negarlo?

Avanti così dunque e senza rimpianti che è l'unica strada per evitare un futuro collasso sociale.
Del resto i segni sono gia tutti nell'aria e probabilmente se si fosse dato retta a chi da anni predica di porre un freno all'immigrazione perchè ne il nostro sistema burocratico ne il nostro sistema del lavoro son in grado di sopportare più di un certo numero, ad oggi episodi di pseudo razzismo e inquietanti segnali di intolleranza (vedi tentativi di linciaggio dei giorni scorsi per gli stupratori di Guidonia) non sarebbero esistiti.


E a chi gli da del razzista il ministro risponde con il consueto pragmatismo, tipico di chi ama i fatti (e non le pugnette) ma praticamente estraneo a tutta la classe politica italiana: "le polemiche? mi entrano da un'orecchio e mi escono dall'altro."

domenica 1 febbraio 2009

Sindacati inglesi e sindacati italiani

Ma come è ironico il mondo?E' da un paio di giorni che tiene banco la protesta dei lavoratori del nord degli Regno Unito che stanno picchettando davanti gli stabilimenti della Total per essere stati gentilmente silurati dai loro datori di lavoro in favore di una manodopera italiana specializzata ma che si vende ad un costo nettamente inferiore.Passerò per antipatriottico anche se non è mia intenzione ma lo dico chiaro e tondo: i lavoratori inglesi non hanno una ragione, ma ne hanno cento. Il compito di un governo, ma più in generale delle stesse istituzioni, è (o dovrebbe) essere quello di tutelare i cittadini che gli conferiscono la delega politica, gli unici coinvolti nel cosiddetto "contratto sociale" derivante dallo stesso diritto Naturale che caratterizza ogni moderna democrazia e che guarda caso è stato teorizzato proprio dall’inglese Thomas Hobbes nel suo Leviatano.

Certamente ogni democrazia deve fare proprio l'impegno alla tutela di chiunque sia residente nel proprio territorio ma nel momento in cui deve essere operata una scelta nel merito di interessi divergenti non dovrebbero esserci dubbi di sorta su quale interesse tutelare. C'è poco da stupirsi quindi se gli inglesi, abituati ad essere pacati ma a farsi valere al momento opportuno, non si siano lasciati abbindolare dal clima "comunitario" imposto dall'alto ma assolutamente mal digerito da un po' tutta la popolazione europea.

Quello che però è davvero interessante nel contesto è la presa di posizione dei sindacati inglesi.Se credete che questi siano accorsi in difesa dello straniero (in questo caso gli italiani) per prenderlo per mano e aiutarlo vi sbagliate di grosso.Il Regno unito, nazione da sempre ben disposta verso l'immigrazione (sussidiaria all’economia, non invasiva) non è l'Italia e quindi non stupitevi se le reazioni sono state logicamente opposte.Il sindacato inglese ha preso invece le difese dei lavoratori autoctoni difendendo a spada tratta i lavoratori del posto, in pratica l'esatto opposto di quello che accade da noi dove i sindacati (in particolare uno) non perdono occasione per difendere il lavoratore estero, spesso a scapito dell'operaio italiano.

Questioni di interessi ovviamente, anche perchè la CGIL a seguito di un drastico calo di iscrizioni ha rimpinguato le sue file con lavoratori extracomunitari, che pagano la tessera, partecipano alle manifestazioni e aiutano il sindacato a non morire schiacciato dal peso della sua inettitudine e di una vocazione a fare politica mai venuta meno negli anni.

Il sindacato che gli offre in cambio? Beh eterna fedeltà naturalmente.

Ma dove sono quelli che non si stancano mai di comparare l'atteggiamento degli "stati amici" con noi?Dove stanno le cicale (ti prego inverno vieni presto...) che cantano le lodi degli altri paesi europei quando si tratta di immigrazione e compagnia bella (dimenticando che tasse sull'immigrazione, rimpatri dei clandestini e permessi di soggiorno a punti sono cose consolidate da anni?)

Non sono un fanatico dei paragoni perchè ogni persona che non viva della cultura del nozionismo (dove ogni cosa fatta all'estero o dall'UE è giusta per chissà quale dogma) capisce perfettamente che ogni nazione è una storia a se stante (se si parla dell'Italia questo vale alla potenza di 10) ma oggi mi sento quasi di dare ragione agli amanti della comparazione: in certi stati davvero le cose funzionano meglio e i sindacati inglesi ne sanno qualcosina.
Ed ecco le conseguenze fotografiche (mi risparmio di postare le DIECI fotografie della panchina, fotografata da qualsiasi angolatura possibile e immaginabie)(

Non risparmio però le fotografie di sciacalli politici e opportunisti vari venuti a banchettare sulla tragedia.





Sono tutti clandestini?
Magari... cosi vengon espatriati pure loro.





Cittadinanza per tutti?
Quando qualche povero idiota ubriaco, drogato e col cervello della grandezza di una pulce cerca di bruciare un poveretto accade che spensieratamente il dramma diventa subito strumento per avanzare richieste illegittime.
Volete anche la casa gratis, le bollette pagate, lavoro a disposizione, cornetto e capuccino?

Il Corrierino dei mediocri.

E' da un pezzo che il Corriere della sera, che vanta (o millanta? mah...) di essere la testata principale e più imparziale d'Italia, sta prendendo una brutta piega.

chissà come mai da qualche mese a questa parte, questo IMPARZIALISSIMO quotidiano, si prodiga come nessuno mai prima d'ora (Repubblica a confronto appare come reazionaria) nella difesa a spada tratta del povero immigrato senza macchia e senza colpa e quando come oggi capita che TRE POVERI DEFICIENTI danno fuoco ad un barbone straniero (meritavano che qualcuno desse fuoco a LORO) in stazione a Roma si urla alla xenofobia nazionale e inizia la sfilata di commenti dei soliti noti che passano la vita sul web (senza uscire di casa... poveretti...) e che urlano (o starnazzano, per essere pignoli) alla xenofobia e al razzismo, generalizzando su tutto e tutti.

http://www.corriere.it/cronache/09_febbraio_01/immigrato_indiano_bruciato_roma_7f2cc108-f060-11dd-8264-00144f02aabc_full.shtml

Godetevi i commenti di questi figuri che in quelle rare volte in cui son coinvolti italiani in episodi(decisamente sporadici e circoscritti a CERTE ZONE del Paese...) di razzismo si stracciano le vesti come Caifa nel Tempio e poi quando invece accade l'inverso (praticamente quotidianamente) se ne escono farciti di patetico e triste relativismo all'acqua di rose che serve unicamente come scudo per mascherare i porci comodi di qualcuno e IMPEDIRE che sia fatto un po' d'ordine in questo paese di pulcinella che è l'Italia. Il paese dove l'italiano che commette un illecito finisce in galera pure più del dovuto mentre lo straniero è costantemente giustificato con la scusa del "POVERINI SI DEVE CAPIRLI" .

E così abbiamo gli stupratori fuori di carcere dopo 1 giorno, gli ZINGARI che NON vengono condannati per RIDUZIONE IN SCHIAVITU' di povere creature costrette ai semafori in agosto sotto al soleone (sempre nel nome del relativismo e del "SI DEVE CAPIRLI PERCHE' E' LA LORO CULTURA...[ di merda mi tocca aggiungere]), abbiamo gli islamici che pregano col sedere per aria davanti alla Madonnina di Milano in gesto di sfida e che poi si giustificano dicendo "ci trovavamo li PER CASO" (come se avessimo scritto DEFICIENTE sulla fronte... forse in effetti qualcuno si).

Siam sempre alle solite: forti e integerrimi con il cittadino (ha ancora valenza questa parola o possiamo pulircisi il culo tranquillamente?) italiano, e lassisti... anzi pardon RELATIVISTI (così la gente normale non capisce bene che vuol dire e la inchiappetti meglio) con lo straniero strafottente e arrogante che arriva qui e dopo un giorno gia si permette di manifestare per le strade di Lampedusa come se non fosse gia a sufficienza averlo raccolto dal mare, avergli dato un letto degno di questo nome e un pasto caldo.

Che tristezza... la tristezza di sapere che gli stessi bamboccioni che oggi si egono a paladini del vuotissimo buonismo saranno quelli che fra 10 o 15 anni si ritroveranno a frignare perchè vivono in un paese anarchico dove chi arriva dall'estero ha più diritti di chi è residente.

Complimenti al Corriere che non perde occasione e complimenti a chi si è costruito un mondo ideale che purtroppo al di fuori della propria testa non esiste.

P.S
EDITO e aggiungo aggiornamento.
http://www.corriere.it/cronache/09_febbraio_01/stupro_gruppo_coppia_sequestrata_romeni_07e01676-f057-11dd-8264-00144f02aabc.shtml

Come volevasi dimostrare.
Strano solo che QUI la possibilità di commentare non ci sia.

sabato 31 gennaio 2009

Ma Lampedusa, cosa vuole?

link del commento di lunedì 26/1/2009 su Affaritaliani.it

http://www.affaritaliani.it/cronache/ma-lampedusa-cosa-vuole260109.html

Non si tratta di una domanda banale, almeno per chi come il sottoscritto ha sempre seguito con grande interesse le vicende relative a quella bellissima isola del Mediterraneo che da anni ormai sta sotto le luci dei riflettori dei media nostrani per essere il punto di approdo di quelle navi che dall'Africa ( anzi, diciamocelo, dalla Libia) partono cariche in modo disumano di persone attratte dal miraggio, ad oggi del tutto illusorio, di un'esistenza migliore nel nostro Bel Paese.
Qualcuno aveva sorriso, altri si erano preoccupati quando balzò agli onori della cronaca la strana notizia che proprio da Lampedusa proveniva una delle "new entry" della pattuglia leghista in parlamento, la senatrice Angela Maraventano, ribattezzata dagli stessi padani come "la passionaria". Mai come oggi quel appellativo pare calzante perché la verace signora dell'estremo sud, incurante degli avvertimenti di qualcuno, ha affrontato in un comizio di oltre un'ora una folla di suoi concittadini infuriati per l'iniziativa del Ministro degli Interni Roberto Maroni di aprire proprio sull'isola un centro di identificazione e rimpatrio immediato.
I timori della popolazione locale sono chiari: da giorni serpeggia la paura che l'isola siciliana possa trasformarsi in una Guantanamo mediterranea (cosa c'entri il carcere americano per terroristi con i rimpatri è ancora da chiarire) e così, sindaco in testa, sono scesi in piazza per contestare il Governo, il Ministero degli Interni e la loro conterranea, accusata senza mezzi termini di tradimento.
Ad aggiungere danno al danno, o per dirla con una metafora conosciuta, a mettere la ciliegina sulla torta ci hanno pensato i 1300 clandestini detenuti nel centro di prima accoglienza dell'isola che forzando il cancello della struttura (voci, rigorosamente anonime, affermerebbero invece che le porte della struttura siano state lasciate aperte di proposito) hanno invaso l'isola e si sono uniti ai manifestanti del posto, gli stessi che in passato avevano eletto a furor di popolo un vicesindaco leghista per porre fine ai continui e incessanti sbarchi che da anni rendono nota l'isola nel "continente".
Una coincidenza strana, avvenuta il giorno precedente una fuga che in 10 anni di sbarchi non aveva precedenti, è la visita ai lampedusani del numero due del Partito Democratico Dario Franceschini, che zelante come mai prima d'ora si è recato di persona a visionare la situazione nel Cpa definendo le condizioni dei clandestini ospitati come "inumane".

Si potrebbe discutere parecchio su cosa sia effettivamente disumano, se fare da anni spallucce verso qualcosa di simile alla tratta degli schiavi del 1600, oppure offrire un posto letto, seppur stretto e un pasto caldo a chi ha affrontato il mare senza viveri e senza certezze, il punto però è un altro: cosa si cela dietro il malessere e l'insofferenza che negli ultimi giorni sembra correre da un capo all'altro dell'isola, fuori e dentro il Cpa.Dalla parte dei clandestini è normale la richiesta di essere portati sulla terraferma per poi, come di prassi, fuggire senza lasciare traccia; del resto il viaggio l'hanno affrontato per quello, meno normale è lo scandire slogan in italiano dopo solo pochi giorni dall'ingresso nelle nostre acque, piccoli e banali elementi che però accendono il sospetto che in qualche misura l'intera operazione sia stata voluta e pianificata da qualcuno che clandestino non è.
Dal lato dei lapedusani la risposta più scontata, e forse la maggiormente corretta, è la solita: le iniziative per risolvere la questione e rimpatriare immediatamente i clandestini vanno bene, ma non a casa nostra, lo si faccia altrove. E' un male italiano, trasversale da Nord a Sud, quello per cui si trovano tutti d'accordo nel risolvere un problema ma nessuno vuole la soluzione sotto casa; è accaduto con la Tav, accade quando qualcuno fa il sacrilego pensiero di costruire una discarica a Napoli, succede ovunque si pensi di costruire un inceneritore o una centrale elettrica.
Ad essere maliziosi poi si potrebbero anche fare ipotesi più spinte, come pensare che i lampedusani sia stati di recente resi "edotti" su quali potrebbero essere le conseguenze per l'isola mediterranea se gli sbarchi venissero meno. Sarebbe fatale del resto che se nell'Africa settentrionale (chiedo venia, in Libia) passasse il messaggio che sbarcare a Lampedusa equivarrebbe ad essere immediatamente rimpatriati nel giro di qualche anno la situazione si risolverebbe, ma con quali conseguenze? Innanzitutto inizierebbero a venir meno quelle centinaia di poliziotti che con famiglie annesse alloggiano a Lampedusa e sono diventati "manna" per il commercio locale, naturalmente cesserebbero poi le sovvenzioni per lo stato di emergenza costante e addio a quei benefit che prima dell'esodo erano impensabili. Ipotesi maliziosa? Certamente, ma come diceva Giulio Andreotti a pensare male si fa peccato, ma spesso ci si azzecca.

Teo Lazzaro

Tu quoque Di Pietro?

link dell'articolo di sabato 24/1/2009 su Affaritaliani.it

http://www.affaritaliani.it/politica/di-pietro-Italia-dei-Valori210109.html

E' dal 1992 che l'Italia ha smesso di stupirsi in modo sincero delle inchieste che vedono coinvolti politici ma quanto sta accadendo a Napoli in questi giorni ha qualcosa di diverso rispetto alla prassi. L'inchiesta condotta dalla Procura partenopea sembra destinata ad allargarsi a macchia d'olio e come nella migliore tradizione giudiziaria i suoi confini stanno giungendo ben al di là del capoluogo campano per irrompere nel cuore del potere: i palazzi romani.
Chi sta risultando peggiormente colpito da questa bufera giudiziaria non è certamente la giunta Iervolino la cui credibilità si era volatilizzata ben prima delle indagini con la vergognosa questione dei rifiuti della scorsa estate, ma bensì il partito dell'ex pm Antonio Di Pietro, l'Italia dei Valori, che dall'inchiesta Global Service sta uscendo macchiato da quelli che per ora sono sospetti ma che agli occhi dell'elettorato potrebbero suonare come sentenze.Il primo nome a venire alla ribalta è stato quello di Cristiano, figlio del segretario dell'Idv, che appresa la notizia e con un gesto di coerenza ha lasciato il partito paterno, ma non la poltrona di consigliere provinciale.
A seguire Di Pietro jr nell'iscrizione al registro degli indagati altri tre esponenti di spicco del medesimo partito: il deputato Americo Porfodia (uscito dall'Idv e approdato dopo le accuse nel gruppo misto) e due nuove entrate: il senatore Nello Di Nardo e il deputato Nello Formisano. Le indagini si svolgono nel contesto dei presunti appalti pilotati a favore dell'imprenditore napoletano Alfredo Romeo e da quanto si è appreso dalla stampa e dalle intercettazioni rese note tre degli indagati, Di Pietro, Di Nardo e Formisano avrebbero fatto pressioni all'ex Provveditore ai lavori pubblici di Napoli Mario Mautone per l'assegnazione di incarichi di diverso titolo a persone di fiducia. Favori che a quanto pare venivano ricambiati a Mautone sistemando, tramite Formisano, persone di sua indicazione all'interno del Ministero delle infrastrutture nel precedente esecutivo il cui dicastero era retto proprio da Antonio Di Pietro.

La questione è una patata molto bollente per l'ex pm che rischia di vedere vanificato il lavoro di opposizione dura e intransigente proprio mentre questo stava per dare i suoi frutti in termini elettorali. La storico risultato in Abruzzo alle ultime regionali e i sondaggi che danno l'Idv in "pole position" per le elezioni europee rischiano di subire un ridimensionamento, anche in presenza di un elettorato, quello "dipietrino", decisamente sensibile alle questioni relative a giustizia, corruzione e clientelismo.
Si tratta solo di indagini e nel nostro ordinamento vige il principio della presunzione di non colpevolezza per cui un indagato non è ritenuto colpevole se non dopo una sentenza. Il problema però non è solo di colpevolezza o innocenza, il problema rischia di diventare una specie di questione morale interna alla stessa Italia dei valori e del resto le intercettazioni lasciano poco margine a fraintendimenti. L'impostazione del partito, gli slogan, il passato da magistrato del leader e il necessario giustizialismo (più o meno esplicito) di chi si è votato a non fare nessuna concessione al governo in nome del conflitto d'interessi rischiano di trasformarsi in un boomerang pesantissimo da incassare. Anche il tempismo della vicenda non gioca a favore dell'ex magistrato: accade proprio nel momento in cui la credibilità diventa ingrediente necessario per trasformare una forza politica di dimensioni modeste in un partito veramente importante a livello nazionale, succede tutto alle porte di elezioni europee importanti per definire meglio le posizioni di forza nell'arena politica.
L'unica carta che potrebbe permettere a Di Pietro di "cadere in piedi" è quella delle dimissioni; non le sue ovviamente ma quelle degli indagati, se non dagli incarichi politici perlomeno dal quel partito che per "codice genetico" certe leggerezze proprio non se le può concedere. Dimissioni non consigliate o lasciate all'arbitrio degli interessati, ma imposte dal vertice come soluzione di polso indispensabile per non insospettire un elettorato che mai come oggi pretende decisioni forti. Se così non sarà la sentenza spetterà certamente ai votanti e con buona pace sia dell'Italia che dei valori la pena, a lungo andare, potrebbe essere il ritorno nel limbo del 2%.

Teo Lazzaro